Nelle mie ricerche quotidiane ho trovato un
articolo pubblicato sul British Medical
Journal, firmato dal cardiologo Aseem Malhotra dedicato al ruolo dei
grassi saturi nelle patologie
cardiovascolari, lui in realtà si esprimeva così “è arrivato il momento di dire basta al mito dei grassi saturi nelle
malattie cardiache”…vuol forse dire che possiamo tornare a spalmare burro
su pane, pasta, con gli spinaci e la marmellata?
Effettivamente non sono pochi i ricercatori che
stanno “riabilitando” i grassi saturi di origine animale, ma cosa ci sarà di
effettivamente fondato in queste nuove pubblicazioni?
Sempre Aseem Malhotra, sostiene che i veri
colpevoli delle patologie cardiovascolari vanno ricercati tra gli alimenti
altamente processati dell’industria alimentare: i grassi idrogenati, il sale, gli zuccheri.
Gli zuccheri in particolare sono alla base della
sindrome metabolica, quel quadro di sintomi, dall’obesità alla glicemia alta,
che comporta un alto rischio per il cuore (vedi nostro post sull'indiceglicemico).
Secondo uno studio
dell’Università di Cambridge il burro è ricco
di vitamina A, D, K ed E, che insieme al selenio sono essenziali per il sistema nervoso e immunitario; Anche il Time ha recentemente “riabilitato” il
burro, dedicandoli una copertina: “Mangiate
il burro”.
Secondo l’Istituto
Superiore di Sanità la principale causa di ipercolesterolemia, ovvero
l’eccesso di colesterolo resta un’alimentazione troppo ricca di grassi saturi, tra cui il
burro.
In attesa che sia fatta un po’ di chiarezza,
vediamo insieme le caratteristiche nutrizionali del burro.
Il burro
come tutti sappiamo si ottiene dalla lavorazione della crema ricavata dal latte
o dal siero di vacca.
Contiene: circa l’84% di grassi,
circa il 16% di acqua, proteine di elevato valore biologico 0,4-0,8% e lattosio
0,5-1%.
La frazione grassa comprende anche fosfolipidi, steroli
e colesterolo, considerate che in 100 g di burro ci sono circa 250 mg di colesterolo. Il burro
è fonte di vitamine liposolubili, oltre ai sali minerali, di calcio, di selenio
e di fosforo. Ogni 100 gr. di burro corrispondono a 717calorie.
Anche dal punto di vista tecnologico il burro è
un buon alimento, viene ottenuto solamente con procedimenti fisici, senza
l’impiego di additivi e conservanti.
Il burro è facilmente digeribile soprattutto se
consumato crudo.
Volendo tirare le somme tra le tante autorevoli opinioni
a riguardo, potremmo dire che non è necessario bandirlo totalmente dalle
nostre tavole, ma nel rispetto dei principi della sana dieta mediterranea impiegarlo
una o due volte alla settimana, lasciando invece all’olio extravergine
d’oliva lo scettro del “principe” della tavola.
In ogni caso anche nella scelta del burro si
deve fare un ragionamento sulla qualità del
prodotto. Quando è di ottima qualità il
burro si riconosce anche dall’aspetto e dal profumo: compatto, lucido e di
colore leggermente tendente al giallo se prodotto in estate, più chiaro se
prodotto in inverno.
Assicuriamoci sempre che sia un burro italiano e, se poi lo scegliamo
di montagna e biologico, penso che
lo possiamo mangiare anche una volta in più!
Come sempre le “parole chiave” restano: qualità
e moderazione.
Secondo
lo chef Oldani, il burro resta il
protagonista nelle prime colazioni con pane e marmellata, nelle
mantecature, per saltare in padella gli ortaggi di stagione, come asparagi,
biete e spinaci.
Personalmente ve lo consiglio sul
crostino di “pane della salute” con un filetto di acciuga.
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